L’itinerario proposto, inizia da Otranto un delle tante città fortificate del Salento, la cui regione per secoli fu chiamata ‘Terra d’Otranto’. Il nome deriva dal fiume Idro (acqua), in latino Hidrun-tum, che sfocia nel porto. Città greca di grande espansione passò in subordine al tempo dei Romani che preferivano il più comodo porto di Brindisi.
La ‘terra d’Otranto’ può ancor oggi essere considerata un’isola greca: chi visita la città e i dintorni può scorgere nei monumenti e nelle tradizioni popolari le costanti dello spirito ellenico. La ‘grecità’ di Otranto è riscontrabile anche nel linguaggio: la gente salentina parla ancora il greco. Questa piccola città nonostante le continue epoche che precedettero la sua distruzione (fu bizantina, gotica, normanna, sveva, angioina e aragonese) rimane sempre di carattere medioevale. Nell’immaginario collettivo il momento storico indelebile ed emblematico della città rimane l’invasione turca del 1480 (il famoso “sacco”) con l’eroica resistenza dei cittadini che furono uccisi perché si rifiutarono di abiurare la fede Cristiana; i resti degli 800 martiri sono custoditi oggi nella Cattedrale, la più grande delle chiese della Puglia.
Dei tempi aurei, Otranto non conserva che poche, eloquenti testimonianze. Prima fra tutte, appunto, l’austera Cattedrale che le orde ottomane trasformarono in bivacco per la loro cavalleria. All’interno della Cattedrale dell’Annunziata (costruita con sassi colorati da un geniale prete, il dotto Pantaleone), un originalissimo mosaico pavimentale del 1163 ( uno dei più estesi del mondo ) raffigurante un gigantesco albero della vita, a simboleggiare un intero universo epocale, con temi occidentali e tradizioni orientali, passando dall’antico Testamento alle vicende cavalleresche della Tavola Rotonda, i segni zodiacali, l’Inferno, il Paradiso, l’Apocalisse. Secondo la leggenda Dante avrebbe trovato ispirazione per la sua Commedia proprio dopo aver ammirato il prezioso mosaico che ricopre il pavimento della chiesa. Il monumento eretto nel 1088, presenta all’interno sulla parte destra del presbiterio la cappella dei Martiri, dove ne sono conservati i resti. Attraverso due sale dalle navate laterali si scende alla cripta, a cinque navate e tre absidi: è una specie di selva di pietra con le sue 68 colonne dai marmi e dai capitelli dei più svariati stili. Nella città vi sono altri interessanti monumenti come: il castello eretto da Federico d’Aragona (1485-98) è il frutto dell’opera di fortificazione da parte degli spagnoli, che a seguito del massacro del 1480, decisero di fortificare la città, con torrioni circolari e alte mura di cinta, a dare al centro storico una forma simile a una grossa nave; la grandiosa Torre Alfonsina (1483); e la porta di accesso alla città nonché la chiesetta bizantina del X-XI sec. di S. Pietro, con cupola cilindrica, tre absidiole semicircolari e nell’interno, avanzi di affreschi anteriori al XIV secolo. A nord e a sud della città, promontori e calette nascoste, grotte preistoriche, rive già toccate dal viaggio di Enea, dune immerse nella macchia. A sud della città, in direzione Santa Cesarea, si trova anche la Famosa “Torre del Sepe”, legata a leggende e misteri di guerra e di mare: si narra che un gigantesco serpente marino, durante la notte, risalisse dal mare per ingoiare l’olio della lanterna del faro, provocando così il naufragio di molte navi di passaggio. Percorrendo la litoranea Otranto-Leuca, si possono ammirare i resti dell’Abbazia di S. Nicola di Càsole (“càsola”: tenda, capanna, poiché la collina sulla quale sorgeva era costellata, appunto, da capanne). Fondata tra il 1098 e il 1099 dai Normanni fu centro di cultura greca e sede di un importantissimo scriptorium gestito dai monaci greci, frequentato da studenti provenienti da Paesi lontani, attirati soprattutto dalla ricchissima biblioteca.
Punta Palanca (agio toponimo deformato di Santa Plagia) è la più orientale d’Italia; è uno spettacolare spuntone di roccia alto 82 metri s.l.m. su cui sorge il faro (ormai inattivo); dalle sue finestre si gode una stupenda visione dell’immensa distesa marina. Suggestiva è S. Emiliano con l’omonima torre che, dall’alto della sua posizione (51 m. s.l.m.), vigila la piana calcarea e la costa sottostanti. La presenza preponderante della roccia calcarea custodisce un singolare fenomeno di erosione marina costituito dalla marmitta dei giganti, una enorme “pentola” in cui si trova una sfera rocciosa perfetta, dal diametro di oltre 1 metro.
Da Otranto ci spostiamo in direzione nord verso i Laghi Aimini che visti dall’alto i Laghi Alimini sono due specchi d’acqua di forma allungata il cui asse principale corre parallelo alla linea di costa, estendendosi da Nord a Sud. Il collegamento con il mare consente lo sfruttamento economico del bacino maggiore come allevamento ittico, ma ne condiziona il corredo botanico. I due laghi vengono chiamati “Alimini Grande” e “Fontanelle”.
Alimini Grande è circondato quasi completamente da una corona rocciosa tranne un vasto tratto settentrionale detto Palude Traugnano, che costituisce una delle due stazioni pugliesi in cui si è segnalata la presenza della rarissima Periploca graeca.
La parte nord del rilievo è coltivata e appare brulla e tempestata di “specchie”. La parte sud-orientale, oggi oasi di protezione, è anch’essa caratterizzata da una fitta vegetazione composta dalle essenze tipiche della macchia mediterranea.
Verso S, Alimini Grande si restringe a mo’ d’imbuto fino a collegarsi, sotto forma di canale, al lago Fontanelle (Alimini Piccolo).
Qui il paesaggio è diverso. Un modesto rilievo roccioso costeggia il lago solo nella sua parte più vicina ad Alimini Grande; in questo costone si aprono alcune grotte o, meglio, dei ripari sottoroccia frequentati dall’uomo in tempi preistorici.
Fontanelle è oggi interamente circondato da vegetazione palustre, con un canneto ben più fitto di quello presente su Alimini Grande. Le sue acque sono dolci e ospitano pertanto un tipo di flora e fauna completamente diverso.
La parte occidentale è brulla e presenta una vegetazione prettamente erbacea fino alla Sorgente Colacchio.
La zona costiera è invece caratterizzata da una lunga spiaggia, costituita da sabbia finissima e di color grigio chiaro.
Continuando verso nord ci spostiamo verso Torre dell’Orso. A circa metà strada tra i laghi Alimini e torre dell’Orso Troviamo Torre Sant’Andrea, dove nel mare che varia da un verde smeraldo al blu cobalto, si elevano maestosi i tre faraglioni detti “Lu Pepe”. Torre Sant’Andrea è una piccola località il cui aspetto, quasi selvaggio, è di particolare fascino. Già individuata da alcuni registi per riprese cinematografiche, ha ora attirato anche l’attenzione dei pubblicitari per la sua rara bellezza.
Giunti a Torre dell’Orso possiamo ammirare la spiaggia che è una delle attrazioni naturali tra le più belle d’Italia, con la sua forma che si stende ad arco di mezza luna per circa 900 mt e con la sua sabbia finissima colore argento.
Proseguendo lungo la litoranea in direzione nord, giungiamo a Roca famosa per gli scavi archeologici che stanno portando alla luce una sorpresa dopo l’altra. Col tempo,infatti, si è passati dalla certezza di una città medievale incendiata dalle truppe di Akmet Pascià, poi rasa al suolo da Ferrante Loffredo, alla scoperta dell’esistenza della civiltà messapica e, ultimamente, alla scoperta di una città fortificata, risalente al XVII secolo a.C., anche quest’ultima distrutta col fuoco.
Roca è stata paragonata alla mitica Troia a causa dei misteri nascosti tra i resti archeologici. Ancora oggi non si conosce il nome del popolo che l’abitava nel XVII secolo a.C., s’ignora perché la costruzione delle mura, iniziata dal popolo dei Messapi nel IV-III secolo a.C., fu interrotta all’improvviso e la cinta muraria non fu mai completata. Eppure tra tanti misteri qualche spiraglio comincia ad aprirsi sull’antico popolo dei Messapi, ancora più misterioso ed enigmatico del popolo Etrusco.
Dopo roca arriviamo a San Foca dove troviamo la torre (XVII sec.) restaurata di recente, oggi sede della delegazione di spiaggia della Capitaneria di Porto. E’ una delle tante torri difensive sparse sulle coste del Salento e della Puglia. Altre ne troviamo a Torre Specchia, Roca, Torre dell’Orso. Quella di S. Andrea è stata rifatta e alloggia un piccolo faro per la navigazione.
Volute da Carlo V per un sistema difensivo efficace contro lo sbarco dei turchi e dei pirati, le torri furono erette con estrema lentezza tanto che il sistema difensivo fu ultimato qualche secolo dopo la scomparsa del noto imperatore. Quella di San Foca pare non assolvesse ai propri compiti. Infatti, i baroni D’Amelj, insediatisi a Melendugno, trovarono il cannone malandato e privo di munizioni.
Da San foca ci spostiamo verso l’interno, verso la cittadina di Acaya che si trova ai margini di un territorio attraversato da importanti vie di comunicazione che sin dall’epoca romana univano Lecce ai porti di San Cataldo, di Roca e di Otranto. Anticamente chiamato “Segine”, nel tempo diventa il sito più adatto per la realizzazione di una città fortificata. Correlata alle vicende del popolamento e alla necessità di difendersi dai continui assalti pirateschi, Acaya diventa un avamposto verso il mare, a difesa della vicina Lecce. Feudo dei Dell’Acaya, nobile famiglia di origine greca venuta in Terra d’Otranto sotto Carlo I d’Angiò, il piccolo borgo rurale si sviluppa tra il XIV e il XVI secolo intorno ad un nucleo fortificato realizzato da Alfonso Dell’Acaya prima (1506) e Gian Giacomo, architetto, suo figlio, nel 1535. Ne risulta un disegno urbanistico di estrema semplicità : all’interno del perimetro murato, le cellule abitative si dispongono su strette vie parallele tagliate ortogonalmente da una strada che porta alla piazza dove sorge la chiesa parrocchiale, il cui nucleo originario si fa risalire al XV secolo. Acaya è l’unica città-fortificata esistente in Puglia e una delle pochissime del Meridione. Da notare anche, oltre la regolarità delle stradine a scacchiera, la diagonale fondamentale di sviluppo che collega gli angoli a sud – ovest e a nord – est del villaggio; troviamo, in successione, il castello e la relativa piazza, la Chiesa con la piazza e la torre campanaria, il convento, ormai rudere, di S.Antonio e la torre colombaia ( demolita a cavallo tra le due guerre mondiali ).